Contro la notte

In estate non dovrebbe mai fare buio. Per il buio c’è l’inverno. In estate, al massimo, il cielo dovrebbe incupirsi verso le ventidue e qualcosa e restare a metà tra il viola, l’arancione e l’azzurrino per almeno un’ora. In estate non dovrebbe mai fare buio neanche per vedere le stelle, sperare che cadano giù per esprimere desideri dei quali non saremo mai tanto sicuri perché magari era un aero che andava chissà dove. Che poi le stelle le ho viste anche nelle serate non ancora buie di Helsinki e sono belle, forse anche di più perché il cielo sempre viola-arancione-azzurrino è molto più vicino alla testa e magari con i tacchi al posto delle converse, ché fra freddo, alzando il braccio si può toccare uno spicchio di quel cielo così vicino che sembra rotondo quando lo guardi. Non vale la pena che faccia buio quando le stelle sono bellissime ma lontane e lo sono ancora di più se le spiagge a mezzanotte in alcuni punti sembrano illuminate a giorno dalle luci delle discoteche e degli alberghi adatti a quarantenni abbronzati e con la camicia bianca aperta.
Sì, forse vale la pena che faccia buio solo a Pollica, nei giardini profumati delle case in estate ma dobbiamo esserci solo noi, il profumo e le stelle, che quando esci fai un po’ fatica a vedere e stringi gli occhi, ma poi solo luna e stelle, seppur lontane, per illuminare un po’ intorno.
In estate non dovrebbe mai fare buio e se proprio è impossibile basta anche un eterno tramonto, di quelli nostri infuocati, mare grigio e sole arancione, costiera amalfitana di fronte ma lontanissima mentre sei immerso nel Cilento.
In estate non dovrebbe mai fare buio, perché le sere sì sono fresche, possono essere divertenti e profumate ma come la luce del sole e i colori vivi non c’è nulla. E poi quando ormai sai che in in qualche parte del mondo il sole è in grado di tramontare così tardi e in maniera così poetica, senza far rumore virato di viola-arancione-azzurrino, ebbene, mi sento di poter affermare, senza alcuna incertezza, che dopo un giorno di sole e blu, la pelle ancora salata e i capelli ancora bagnati, questa penombra grigia, oltretutto con il cielo così lontano, è un po’ ingiusta.

Vilnius, Riga, Tallinn, Helsinki/3

10 agosto
Sotto una pioggia battente che non scompone minimamente ragazze bellissime che prendono il tram con noi torniamo al porto per imbarcarci di nuovo ed iniziare a scendere verso sud.
Tallin mi fa una impressione diversa al ritorno forse per la enorme quantità di gente, qui per le tratte nordiche delle crociere, forse perché torniamo da Helsinki. E’ una città bellissima, sì, con un centro storico incredibilmente affascinante che paga però il fatto di essere così piccolo e non abitato da persone vere. Prediamo un tram allora e ci dirigiamo verso il Kumo, Museo di Arte Contemporanea, immerso in un parco verdissimo con case basse e persone vere. E’ una zona bella ed interessantissima, un’ulteriore faccia di una città a metà tra la Russia, l’Europa medievale e la Finlandia.
Sulla strada del ritorno costeggiamo vecchie fabbriche rimesse a nuovo, un distretto creativo con ristoranti, locali e negozi. La sera imbocchiamo un stradina che costeggia i bastioni della città vecchia, ricoperta di antiche lapide funerarie. Riesco di nuovo a sintonizzarmi con Tallin, un buon saluto prima di scendere ancora più a sud.
11 agosto
Tornare a Riga significa ritornare in un posto che sembra conosciuto ma che con la pioggia forte e il freddo quasi autunnale diventa una nuova città da scoprire. Con meno persone per strada vediamo fregi e facciate di palazzi che ci erano sfuggiti ma contemporaneamente passeggiare sicuri per strade che riconosciamo senza mappa ci dà una sensazione di totale empatia col posto. La babele sembra essersi addormentata per un po’, fuori dai club erotici però il via vai è sempre continuo.
12 agosto
Piove forte su Riga e il nostro ultimo giorno scorre lentissimo anche per la stanchezza che inizia a farsi sentire. Per oggi va bene così tra il duomo, il museo nazionale e quello dell’oppressione e qualche negozietto. La giornata scorre lenta a vedere la pioggia cadere dietro i vetri di un ostello piacevole da vivere per qualche momento sui divani e sulle poltrone sacco. E scorre lenta anche per la sveglia presto del giorno dopo quando scenderemo ancora, ancora più giù. Vilnius: città di arrivo, città di partenza. Specularmente.
13 agosto
Vilnius. Dieci giorni dopo è un po’ Abano Terme, piena di italiani con pantaloni corti colorati e maglione sulle spalle. Vilnius dieci giorni dopo è probabilmente la città del baltico con la più alta concentrazione di matrimoni in un solo pomeriggio. Vilnius dieci giorni dopo è calda stranamente. Tagliamo il centro in due per salire sulla collina di Uzupis, la repubblica della felicità come recita la costituzione affissa sul muro, a metà tra Christiania e Montmartre, in realtà e molto più semplicemente un quartiere diviso in due: da un lato case belle e di ex fricchettoni probabilmente, dall’altro case di legno, cadenti, fabbriche chiuse con le finestre murate che arrivano fino all’autostrada; il tutto a ridosso di parco sereno e tranquillo, con l’accademia di belle arti alla quale si accede solo superando un ponte, un fiume da percorrere in canoa, ragazzi che ballano, fidanzati che si baciano.
Cena in un localino che ci era piaciuto il primo giorno, chiacchieriamo tranquilli mangiando formaggio speziato prima dell’arrivo dell’essensimo gruppo di ragazze che festeggia l’addio al nubilato dell’amica vendendo baci e preservativi e di lituani ubriachi e urlanti.
Piove fortissimo di notte mentre prima di addormentarmi ripenso ai chilometri fatti alle cose viste, agli odori, ai colori e alle parole.
14 agosto
Restiamo sempre un po’ in silenzio quando stiamo andando via da un posto per ritornare in Italia. Più di dieci giorni eppure sembra un mese, eppure sembra ieri: banale, banalissimo sentire mentre ripercorriamo la brevissima strada verso l’aeroporto. E poi ci sono io che ho provato a parlare un po’ di russo, che ho letto le scritte in cirillico e questa volta non tutte le parole mi sono morte dentro, piccolo premio per gli sforzi fatti in due anni. Ci sono la pioggia fredda e il vento di Helsinki, le facce e le espressioni che cambiano da una città all’altra. E poi ci siamo noi ancora più in alto, ancora più ad est che continuamente ci mettiamo alla prova, che perfettamente coincidenti guardiamo nelle stessa direzione, che sia un fregio da notare, una sfumatura del cielo, una persona che cammina. Una decisione da prendere anche quando non si tratta solo di viaggiare.

Vilnius, Riga, Tallinn, Helsinki/2

7 agosto
La domenica mattina presto Riga è sveglissima e già in movimento: ci sono le ragazze con il trucco della sera prima sbavato, i ragazzi che buttano giù gli ultimi gocci di alcool comprato o di contrabbando la sera prima – alle 10 finisce la vendita ufficiale – o appena comprato, gente che va chissà dove. Tutto in un silenzio innaturale; persino la stazione dei bus sebbene piena di gente sembra quasi ovattata. Partiamo per Tallin: anche questa volta alberi a destra e a sinistra, un po’ di mare e intanto il cielo continua ad avvicinarsi sempre di più alla terra.
Tallin è come due città in una: la moderna Estonia che ha adottato l’euro e che si porta dietro i postumi architettonici della Russia e la città vecchia, un continuo saliscendi che ha come apice tre terrazze verdi a picco su guglie e sul porto. Facciamo un giro piacevole in una città che di domenica sembra una scenografia perfettamente mantenuta ma priva di abitanti del posto che si intravedono, in pochi, solo a tarda sera. Le facce delle persone sono diverse: se già dalla Lituania alla Lettonia sono cambiate, qui alcune volte perdono le caratteristiche russe e prendono i tratti scandinavi. Per ora e in serata prendiamo solo le misure, ci ritorneremo, intanto domani mattina abbiamo un mare da attraversare.
8 agosto
Lasciamo la stanza presto per andare verso il porto. I ritmi del lunedì mattina sono molto lenti: incontriamo solo un paio di operai e anche il porto è quasi deserto, con un ingresso sterrato e pieno di alberi. Ci imbarchiamo su una nave enorme, di quelle che fanno la spola tra il continente e la Finlandia e troviamo a bordo tutta l’umanità possibile, moltissimi russi di diversa estrazione sociale, finlandesi che tornano a casa, donne anziane e giovanissime, persone sole che guardano il mare, altre che non lo percepiscono minimamente. Quasi tutti fumano e bevono tantissimo durante la traversata, moltissimi trascorrono due ore due a giocare ai videopoker senza accorgersi del movimento sotto i loro piedi e della Finlandia che emerge all’improvviso dal mare grigio e agiato.
Helsinki è bellissima. Lo so già da quando la nave entra in porto, dalle tante piccole isolette che precedono la terraferma, dalle architetture industriali accanto ai cimiteri piccoli come giardini. E sarà una città difficile, lo sappiamo dall’ostello, uno dei tre unici presenti in città, dal costo elevatissimo di ogni piccola cosa ma senza tanta retorica quello che vedo dal porto alla nostra casa per i prossimi due giorni, vale la pena di essere vissuto così com’è.
Helsinki è passeggiare in manuali di architettura e in un panorama di bellezza assoluta. Non solo le costruzioni di Alvar Aalto – l’Opera e il Finlandia, vicinissimi a dove siamo noi – che sono rigorosi e contemporaneamente un tutt’uno con la natura intorno, ma anche i palazzi, gli uffici pubblici, danno un senso di completa perfezione e completezza che troviamo così totale solo ora. Passeggiamo a lungo e arriviamo verso il mare che nei mille giri che facciamo è come se ci attirasse a sé. C’è pace intorno e gente che vive la propria vita con tranquillità ignorando i turisti e ignorando quasi la bellezza tutt’intorno che probabilmente per loro è la cosa più naturale del mondo. Il centro è in totale simbiosi con la città: non è solo per chi va e viene ma è di tutti. La sera camminiamo tra Alvar Aalto bianco e di vetro e una chiesa imponente. In giro ci siamo solo noi, qualche ragazzo a bere e a fumare sui prati e nessun’altro. Tre barche legate al pontile sul lago che si muovono quando l’acqua si increspa.
9 agosto
Giornata dedicata a due musei: arte contemporanea e design. Anche questa volta solo i palazzi valgono il costo del biglietto. Nel pomeriggio percorriamo il design district tra negozi, atelier e minuscole gallerie; piccoli tesori in ordine sugli scaffali e sulle grucce, tessuti, forme, tutti da toccare, annusare. E’ una città viva e piena di energia, un’energia che si lascia attingere da chi ne ha voglia e da chi la sa apprezzare e non cerca altro. In così poco tempo riesce a darci tutte le sollecitazioni che cercavamo e che il nord, solo il nord, sa dare. La sera ci ritroviamo su un piccolo porticciolo a pochissimi passi dalle case; anche questa volta ci siamo solo noi, poche persone che fanno jogging, un uomo che fa manutenzione al monumento a Sibelius. Sono da poco passate le dieci e mezza e non è ancora completamente buio, il cielo è indaco e ancora carico della pioggia del pomeriggio e profuma di fresco e di nord.

Vilnius, Riga, Tallinn, Helsinki/1

3 agosto
Se andate a Vilnius convinti di atterrare a Kaunas, vi sbagliate. Chiederete conferma alla bionda vicina di posto in aero, che seppur in maniera gentile vi risponderà guardandovi come si guardano i pazzi: “We are in Vilnius the Lithuania’s capital”. E noi che avevamo anche prenotato per Kaunas.. Atterriamo in Lituania così, ancora un po’ col dubbio, uscendo da un aeroporto che sembra una stazione dei treni per dimensioni e forme e ci dirigiamo verso il centro con un bus che spacca il minuto forse perché la bionda e robusta autista sa che ad un certo punto dovrà scendere dal veicolo che guida per andare a comprare le sigaretta ad un chiosco..
Vilnius di sera è spettrale: costeggiamo palazzi bassi spesso disabitati con le finestre serrate come a protezione di qualcosa o qualcuno in strade ampie ma in alcuni punti completamente vuote. Fa anche molto freddo e pare che sia normale, ai primi di agosto, mangiare in locali all’aperto con coperte di lana indosso, fornite dai camerieri. Noi preferiamo stare all’interno e assaggiare tipico cibo nazionale e in generale da est europa: patate e zuppe stracondite, non proprio consigliate se si segue una dieta povera di grassi. La vodka lituana, a piccoli sorsi, brucia tutto e riscalda: possiamo continuare a vivere e passeggiare nel centro storico deserto mentre un ragazzo in russo, con fare furtivo, ci chiede chissà cosa. Le materie illegali probabilmente rientravano nel programma di russo tre.
4 agosto
E’ una città piena di api che mi girano intorno appena mi fermo da qualche parte forse perché è una città piena di fiori e giardini curatissimi, che è la prima cosa che mi colpisce. La seconda è il cielo: così vicino alle nostre teste e di un azzurro intensissimo che rende quasi rotonda – come in un fisheye – la prospettiva del paesaggio. Delle strade ampie e imponenti mi sono già accorta ieri sera mentre ora, con la luce del sole, salta agli occhi un rigore tutto mitteleuropeo di tetti spioventi e fiori ovunque. Le persone che incrociamo sono molto spesso belle – le ragazze soprattutto – e si nota facilmente che il tenore di vita è quello tipico delle economie giovani e in divenire. In qualche angolo però c’è ancora segno di una particolarità che credo sia tutta sovietica, un’espressione del volto, soprattutto di chi ha fame o di chi al mattino presto ha già bevuto molto o delle donne con i fazzoletti in testa che vendono fiori o tutto ciò che possono davanti ai grandi supermercati.
Andiamo in giro come sempre deviando ogni volta che vediamo qualcosa di interessante. Pochi itinerari precisi, tra questi le tre croci sulla collina che svettano tra le nuvole rapide e il cielo azzurrissimo, con la città adagiata ai loro piedi. Nel mezzo chiese piene di oro e di ex voto, donne che recitano il rosario con una lingua diversa ma con la stessa identica cantilena di mia nonna, piccoli piazze e cortili dentro palazzi pieni di fiori.
5agosto
In giro nelle strade di ieri sera che sembravano di nuovo spettrali e buie, il sole oggi è bollente e fa stringere gli occhi. Ci allontaniamo dalla città vecchia e siamo immersi in palazzi molto bassi con case e tetti sfondati, finestre di legno ancora serrate e antenne paraboliche enormi, mentre ogni tanto scorgiamo librerie piccole ed interessanti, negozi profumati di buono. Visitiamo il museo di arte contemporanea, il più importanti della Lituania che però delude ampiamente le aspettative se non per la struttura – vetro e ferro – con vista giardini e i suoi banconi in sospeso ricavati da ali di vecchi aeri militari. Subito dopo pranzo partiamo per Riga e mentre aspettiamo il nostro bus abbiamo modo di guardare altri volti, altre interazioni sociali: famiglie che vanno verso il mare su furgoni che qui si chiamano microbus, vecchie con buste più grandi e pesanti di loro e una donna, sola, seduta ad una tavola calda a sorseggiare una birra enorme guardando nel vuoto sempre con la stessa espressione triste.
Da Vilnius a Riga percorriamo per svariati chilometri una strada perfettamente dritta, boschi a destra e sinistra che si alternano solo a chilometri di campi piatti non coltivati pascolo perfetto per numerose mucche. Dormire per metà viaggio diventa uno stimolo automatico.
Riga è come immagino, pur non essendoci mai stata, la Russia ora. E non solo per le scritte in cirillico ovunque o per il fatto che il più delle persone parli solo russo ma per una atmosfera probabilmente dovuta alle strade enormi e si intersecano sempre perfettamente a scacchiera, per la stazione dei bus a ridosso del fiume, grigia e sporca piena di tutto e per le persone che camminano velocemente con una sguardo diverso ancora non visto.
Dalla stazione al nostro ostello negozi di alcool acanto a club erotici e a boutique con manichini senza gambe e parrucche stoppose dai vestiti fermi ai tardo anni ottanta o giù di lì. La vita come in tutte le città che non conosci, si svolge nel centro antico, un fiorire di guglie, di chiese ortodosse, torrette e palazzi dalle facciate ricamate a dai tetti spioventi. Le costruzioni sono imponenti e molto cupe all’esterno salvo poi rivelarsi sfarzose ad accoglienti dentro. Per strada c’è molta più gente rispetto a Vilnius, la città è molto più grande, quindi più sporca e i turisti sono rumorosi tanto quanto gli indigeni. Entrambi hanno preso un po’ il peggio dell’altro e Riga sembra essere una sorta di Sodoma post Urss della quale però non riesce a liberarsi totalmente. Le ragazze sono ancora più smaliziate e quando si aggirano in gruppo vestite di nulla praticamente per festeggiare una quasi sposa che indossa un velo bianco sulla minigonna e i tacchi, vendono baci e preservativi e sembrano divertite, attorniate come sono da turisti rumorosi e scalpitanti. Altre ragazze manifestano una sicurezza e una emancipazione che sanno di nuovo: sono belle, ben vestite – globalizzate – si aggirano in due o in tre, frequentano locali fuori dai giri – l’enclave svedese, incantevole – mangiano e bevono mentre ridono e parlano tantissimo. Trascorriamo la serata dove ci portano le strade, fino al fiume buio ma pieno di giovani e numerosi gruppi che festeggiano addii al celibato/nubilato, ognuno con i proprio riti che hanno in comune il bere moltissimo.
6 agosto
Sarà la grande speranza nel futuro o che per qualche motivo bisogna farlo, fatto è che ci si sposa molto a Riga. Incontriamo quantità elevatissime di novelli sposi (vestita di tulle vaporosissimo con pettinature alte e complicate lei, di chiaro e un po’ spaesato lui). Tra un matrimonio ed un altro arriviamo a via Alberta il cuore del liberty di Riga. I palazzi, uno accanto all’altro, sono un rigoglio di fiori, draghi, stucchi coloratissimi e fregi dall’intaglio perfetto. Ogni facciata è diversa dall’altra e seguendo la strada le forme e i motivi si alternano fino a diradarsi ma mai completamente.
Più entriamo nel centro, invece, e più i teti e le guglie si appuntiscono, su ogni torretta un gallo o un gatto e i mattoni a vista sono spesso ricoperti di edera fittissima. E’ un continuo via vai di gente che si contrappone alla solitudine e al silenzio di alcune stradine secondarie: i turisti sono molti ma il centro è abbastanza grande perché si disperdano in un attimo. C’è un parco a metà tra la città vecchia e la la stazione grigia e brulicante, con un piccolo fiume che lo attraversa: è silenzioso eppure incrociamo moltissime persone. Proprio accanto alle cantine di Albano Carrisi – stile italiano ovunque nel mondo – c’è il museo della moda, con una esplosione di colori e tessuti: Valentino, Emilio Pucci, Dior, Balenciaga, Chanel con immagini di repertorio di sfilate nelle le strade innevate di una Riga vintage. Di sera riusciamo a ricavarci un po’ di noi nell’enclave svedese: quasi nessun turista, noi beviamo Moskovskaya mentre dentro si festeggia un addio al celibato con futuro marito legato, bendato e protetto con un casco da operaio mentre il cameriere con giubbetto catarifrangente indossato per l’occasione, incendia il suo cocktail e il casco nel deliro generale degli amici e nostro.

Partenze imminenti

Che vengono dopo i giorni di assoluta adolescenza tra le giornate a mare, i pomeriggi a leggere/guardare/sentire cose e le serate in giro saltellando amabilmente tra massimi sistemi e profonde frivolezze. Pensando ogni tanto a come sarà e contemporaneamente che poco importa: andiamo a cercare la meraviglia, sempre. E viaggiamo per riempirci gli occhi.
Partenze imminenti mentre faccio la zia per qualche giorno e preparo la valigia (leggera e pratica) per il nord – di nuovo – un po’ più in alto dell’ultima volta, un po’ più ad est.
E, se secondo google le maggiori attrattive di due delle quattro città che vedremo sono le ragazze, noi con i nostri itinerari alla mano e solo accennati ci prepariamo alla flânerie, che è la cosa che ci riesce meglio nei posti nuovi.
Vilnius. Riga. Tallinn. Helsinki.